Gli impatti del ciclo di “produzione” e del consumo della carne, in termini di costi ambientali e sanitari, non sono conteggiati nel prezzo che i cittadini pagano quando acquistano cibi di origine animale, ma rappresentano un “costo occulto”, sostenuto dall’intera collettività, non compensata per il danno ricevuto.

Per individuarne le dimensioni, abbiamo affidato a Demetra, Società di consulenza in ambito di ricerca scientifica sulla sostenibilità, uno studio indipendente sugli impatti ambientali e sanitari della carne in Italia, tradotti anche in misure economiche.

Lo studio evidenzia dati allarmanti: in un anno sulla collettività gravano ben 36,6 miliardi di euro di costi “nascosti”, generati dall’impatto ambientale e sanitario del consumo di carne in Italia.

Diviso per la popolazione italiana, il danno generato dal consumo pro capite di carne si attesta sui 605 euro annui (tra i 316 e i 1.530 euro a testa). Il costo medio è ripartito quasi equamente tra costi ambientali (48%) e costi sanitari (52%).

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La situazione evidenziata dalla ricerca di Demetra mostra con assoluta drammaticità l’insostenibilità del consumo di carne in Italia. Ma una alternativa esiste -  dichiara Roberto Bennati, Direttore Generale LAV - É il momento di attivare politiche, sia a livello nazionale che comunitario, che facilitino al massimo la diffusione delle proteine di origine vegetale in alternativa a quelle animali”.

È essenziale, per muoversi in questa direzione, che i numerosi sussidi che sostengono la filiera zootecnica – in molte fasi della “produzione” di carne – vengano presto azzerati, che al costo della carne siano riportati in larga misura i costi nascosti evidenziati nello studio oggi presentato, e che si attivino leve fiscali specifiche per indirizzare i consumi.