Archivio articoli della categoria: FATTI NON PAROLE
La Pasqua non è solo rinascita
Accade tutto l’anno, ma tra una e due settimane prima di Natale e di Pasqua, sulle autostrade si incrociano ancora più spesso i TIR per il trasporto di animali.
Alcuni di essi, a prima vista sembrano vuoti. Guardando bene si intravedono invece delle minuscole orecchie e paia di occhi che guardano terrorizzati all’esterno. Sono gli agnelli.
A un mese di vita gli agnellini strappati dalla madre, vengono caricati su un camion.
Metà di essi loro da Paesi dell'Est Europa. Gli animali viaggiano in condizioni precarie, spesso senza cibo e acqua e sono privati della possibilità di muoversi, poiché sono quasi ammassati e costretti in spazi minuscoli per lunghissime tratte, che non prevedono soste.
Arrivati ai macelli, i piccoli ovini e caprini attendono il loro turno, vedono i compagni morire, li sentono gridare di terrore e sono immersi nel pungente odore del sangue
Quando giunge il loro momento vengono immobilizzati, appesi per una zampa e uccisi. Ci vogliono tre minuti perché il sangue defluisca completamente dal loro corpo.
Per fortuna è aumentata, almeno rispetto al consumo di agnelli e capretti, la consapevolezza che, ha una forte componente empatica. Ne è una prova il drastico calo dei consumi della carne proveniente da questi animali: se nel corso del 2010 gli agnelli e i capretti macellati in Italia erano stati 4.834.473, nel 2015 ne sono stati macellati 2.353.817 (Fonte: Istat): ben il 51% in meno in sei anni.
Ancora troppi, però, gli agnelli e i capretti che vengono uccisi nel periodo pasquale.
Empatia e compassione nei confronti degli animali, invece, concorderebbero con il sentimento religioso della Pasqua, ne è la prova l’episodio della vita di San Francesco d’Assisi (Vita Prima) – modello ispiratore dell’attuale Pontefice – che lo vede barattare il suo mantello con due agnellini, piuttosto che permettere al pastore di condurre le bestiole al mercato per essere abbattute e mangiate
Il nostro Menu di Pasqua, a cura dello Chef Martino Beria, aiuta a cambiare prospettiva, e a guardare le festività con gli occhi di chi ha a cuore tutto il creato.
paola segurini
Una risata non ci seppellirà
Le reazioni sono tra lo scandalizzato e il molto divertito.
Parliamo della parodia dello chef vegano crudista, messa in scena dal comico Maurizio Crozza il 26 febbraio su La7, nel corso della prima puntata stagionale del progamma Crozza nel paese delle meraviglie.
Lo chef in questione è Simone Salvini, quasi-guru della cucina vegan, anima gentile e professionista strepitoso. Qui le sue ricette per noi. L'ultima in occasione della recente campagna #Coraggioconiglio.
Con buona pace di chi, tra i veg, si è scandalizzato e ha gridato all'orrore, a noi la performance è piaciuta. Ed anche al soggetto imitato, che l'ha postata sui suoi social.
Nei toni forti richiesti dall'umorismo in TV, il cuoco Germidi Soja ha una sua grazia, un suo essere leggiadra cassa di risonanza dei nostri principi, seppur enfatizzati come richiede la satira, e il merito di aver sdoganato il termine 'mangiacadaveri' di fronte ad una platea nazional-popolare. Non è poco.
Qui il Video di La 7.
Enjoy!
paola segurini
Leggere Vegan
Siamo al numero 5, ed è sempre più interessante, ricca, luminosa e utile.
Di chi parliamo? Ma di Vegan Italy, la rivista che si fregia del sottotitolo ‘il nuovo modo di pensare il cibo’.
Nuovo lo è davvero, almeno per quanto riguarda l’abbondanza nei contenuti, la vastità delle informazioni, il piglio positivo e costruttivo, mai accusatorio e colpevolizzante. Elementi non comuni, quando si parla di alimentazione e stile di vita vegan.
Ogni numero, che esce a cadenza mensile, è in pratica una guida al ben-essere senza crudeltà. Ma con molto, molto altro.
E così si passa dalle rubriche di nutrizione, psicologia, filosofia alle collaborazioni di esperti, che coprono praticamente a 360 gradi argomenti di grande interesse.
I profili - di personaggi e di professionisti che hanno fatto della loro vita vegan un credo pubblico e privato - e le interviste lasciano spazio a tutte le forme di cucina 100% vegetale, dal'alta cucina naturale al crudismo, alla tradizione rivisitata, all’etnico e al fusion. Si ritorna quindi a temi di rispetto per gli altri animali, attraverso scelte quali la moda etica e poi si viaggia, portati per mano da guide esperte, che donano favolose dritte ai vegan traveller.
Un continuo arcobaleno di input, piacevole e - per chi avesse dubbi sulla varietà e sulla bellezza della vita veg - incoraggiante.
Chapeau a Edizioni Sonda, per l’avventura e il coraggio di questa splendida pubblicazione. Il 18 febbraio Vegan Italy verrà presentata a Roma, con la partecipazione del nostro presidente Gianluca Felicetti e degli intrigantissimi Vegan Chronicles.
L'appuntamento è dalle 18.00 alle 19.30 al Ma Va'? Ristorante, di Via Euclide Turba, 6/8, 00195 Roma. Ulteriori info qui.
Paola Segurini
Il valore dei Veg
Che facciamo la cosa giusta non c’è dubbio. Almeno, noi non abbiamo mai dubitato che le nostre scelte etiche fossero il comportamento da adottare per vivere una vita coerente e.. viva. Ma, guardandoci in giro, continuiamo a vedere di non essere più uno sguarnito gruppo di persone che vanno in direzione ostinata (eccome) e contraria. Insieme ad altri, spinti da motivazioni differente, ma che portano allo stesso risultato, progrediamo nella crescita, a colpi di 1600 al giorno.
Una cifra del tutto rispettabile, con un suo significato in termini economici, tale da spingere alla creazione di linee di prodotti e aree di vendita.
Indietro non si torna, come spesso affermiamo, e lo confermano gli addetti ai lavori.
Tutto è spiegato meglio in questo recente pezzo del Corriere.
E non basta. Il mercato delle alternative della carne raggiungerà, entro il 2020, i 5,2 miliardi di dollari. A dirlo è una ricerca pubblicata recentemente da Allied Market Research, istituto che si occupa di ricerche di mercato su scala globale. Il tasso annuo di crescita composto sarà dell'8.4% tra il 2015 e il 2020.
Qualche esempio?
Nel mercato delle alternative della carne considerate per tipo - che comprende i prodotti preparati con tofu, tempeh, proteine della soia (TVP), seitan, quorn e altre fonti vegetali - i prodotti a base di proteine della soia (TVP) hanno raggiunto il 36,5% del mercato nel 2014, in quanto sono l'ingrediente chiave nella maggior parte dei prodotti derivati dalla soia.
In termini di crescita, il Seitan dimostra un tasso annuo di crescita del 9,6%, grazie alla sua crescente adozione nel settore della ristorazione.
Entusiasmante, no? Il resto della ricerca è consultabile qui
Buona lettura!
Paola Segurini
I numeri parlano vegano
Raggiungiamo l’unità decimale. E’ un dato importante, oseremo dire storico.
Secondo il Rapporto Italia 2016, presentato il 28 gennaio da Eurispes, l’1% della popolazione – in base al campione intervistato – è vegan.
E conquista ‘di diritto un nuovo spazio nella rappresentazione delle abitudini alimentari degli italiani’.
Un momento per rallegrarci, ma continuiamo ad esaminare l’analisi.
Oggi i vegani in Italia sono circa 600.000, con un aumento dell'800% rispetto all'anno precedente. Mica poco! Con buona pace dei dati diffusi lo scorso anno dallo stesso Istituto di ricerca (0,6% nel 2014 e 0,2 nel 2015), il ritratto numerico ci appare piuttosto rispondente a ciò che noi - come ‘addetti ai lavori’ in una Onlus che sostiene e diffonde questa scelta alimentare e di vita - vediamo accadere.
L’unità decimale rilevata da Eurispes corrisponde infatti alla tendenza ad alimentarsi con maggiore consapevolezza che riscontriamo nella diffusione sempre più capillare di ristoranti orientati all’offerta, anche esclusiva, di cibi totalmente di origine vegetale.
I ristoranti, le paninoteche, le pizzerie, ma anche le pasticcerie scoprono, inventano e offrono un nuovo universo di sapori per chi vuole mangiare cruelty free, ma anche – udite, udite - per i buongustai. L’identificazione di un nuovo modo di mangiare bene è il primo passo verso un futuro migliore.
Il trend individuato dall’indagine Eurispes rispecchia anche l’espansione della reperibilità di prodotti e ricettati vegan nella grande distribuzione e il propagarsi a macchia d’olio dell’interesse per la cucina tutta veg.
Sono chiari segni di risposta alla richiesta del consumatore, che dimostrano lo sviluppo di un diverso atteggiamento, più selettivo e attento verso il cibo, che non è più solo elemento di sussistenza o di conforto, ma anche dimostrazione di una nuova visione più responsabile dell’alimentazione.
Tutto qui. Tutto sotto i nostri e i vostri occhi. E nei piatti.
Ma chi saranno poi ‘sti vegani?
Eccoli inquadrati nelle tabelle numeriche dello studio. Sono lo 0,7% degli uomini e l’1,3 % delle donne.
In testa, dal punto di vista geografico, il Nord-Ovest (2,1%) seguito dal Nord-Est (1,9) e Centro (0,5), fanalini di coda Sud e Isole (0,0).
E poi, sono tutte single e gattare? No davvero. Le coppie vegane con figli sono l’1,3%, le famiglie monogenitoriali si attestano all’1,1, le coppie senza figli sono in terza posizione (1,0) e ultimi proprio i single (0,4).
In sostanza, qualsia sia il motivo della scelta, abbiamo ragione di gioire, perché i numeri parlano e dicono qualcosa di simile a ciò che noi vediamo..
Paola Segurini
Bologna: vegan a scuola si può
La scelta vegan a scuola? Molto spesso un iter frustrante, una serie di porte chiuse da cercare di aprire con pazienza e informazioni. Oppure un’odissea di sostituzioni raffazzonate dei cibi di origine animale.
But the times, they are a'changing.
Nel capoluogo emiliano non sarà più così. Il comune di Bologna, da febbraio, infatti offre finalmente la possibilità, alle famiglie che hanno optato per un’alimentazione vegan dei propri bambini, di scegliere un menu scolastico ben pianificato su cibi di origine esclusivamente vegetale.
Tutto bene, se non fosse che sul modulo per la richiesta di una ‘dieta etica’ viene richiesta la firma del pediatra o del medico di famiglia, in aggiunta a quella dei genitori (qui il modulo).Un po’ troppo!
Considerata la recente sentenza n. 245/2015 del Tribunale di Giustizia Amministrativa di Bolzano che ha cancellato la prescrizione della firma del medico, ritenendo la dichiarazione di responsabilità da parte dei genitori, anche ai sensi delle Linee Guida della Ristorazione Scolastica emanate dal Ministero della Salute, è ritenuta dai Giudici sufficiente per ottenere il menu vegano.
Per essere davvero equa e non discriminatoria, considerato che la firma del pediatra non è prevista per le famiglie che optano per la scelta onnivora, la possibilità offerta agli scolari felsinei deve quindi prevedere solo la firma di mamma e papà. La LAV ha presentato richiesta in questi termini.
Viva la mensa aperta a tutte le scelte!
paola segurini
I numeri parlano di nuovo
All'inizio di gennaio è uscito, in versione completa dopo l'anteprima digitale dello scorso settembre, 'Consumi e distribuzione. Assetti, dinamiche, previsioni', il Rapporto Coop 2015, redatto dall'Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche, il supporto d'analisi di Nielsen e i contributi originali di GFK, Demos, Doxa, Nomisma e Ufficio Studi Mediobanca.
Si tratta di una pubblicazione articolata e interessante, profonda nella sua visione d'insieme delle tendenze degli italiani rispetto ai consumi e, se non fosse per il continuo utilizzo del termine rinuncia, che caratterizza la pagina dedicata agli stili alimentari (pag.158), potremmo essere contenti e speranzosi rispetto ad un cambiamento sensibile e misurabile nei comportamenti dei nostri conterranei.
Definire rinuncia una scelta consapevole e alternativa richiama sempre una volontà 'terminologica' negativa, quasi di sapore religioso, a mio parere, come se fosse un desiderio di mortificazione del piacere della gola. Non è certo così! L'alimentazione sta cambiando, in virtù della scoperta di nuovi sapori e di motivazioni etiche che guidano cambiamenti, prese di coscienza gioiose e per niente piagnucolanti.
Ma in fondo le etichette contano poco, l'importanza sono i numeri. E allora bene!
Il corposo resoconto riguardante il 2015 ci dice che ..In Italia una persona su dieci è vegetariana (ovvero non mangia carne o pesce), mentre una su cinquanta è vegana (vale a dire rifiuta tutti i cibi di origine animale, compresi i loro derivati). Siamo i primi in Europa in questa particolare classifica (dopo di noi la Germania dove l’8% della popolazione è vegetariano), seppur lontani da quanto si registra nei Paesi in cui il cibo ha una forte caratterizzazione religiosa (in India, ad esempio, più di un individuo su tre non mangia carne.*
Si specifica inoltre che, secondo una recente indagine Gfk Eurisko, i vegani vivono soprattutto nel Nord-Ovest (36%), abitano in grandi città (13%), occupano posizioni dirigenziali (25%) e sono una donnae(58%), tra i 45 e i 54 anni (28%), solitamente in possesso di una laurea (17%).
La classifica dei generi di largo consumo, considerati rispetto alla crescita o al calo della loro diffusione, conferma l'orientamento verso cibi diversi, in particolare verso la soia e i prodotti a base di questo legume** (vedi immagine). Di grande interesse la sezione Il costo ambientale dell’alimentazione (pag.218) in cui si analizza l'impatto sul clima delle scelte a tavola.
Avanti cosi! A tutto veg, alla faccia della rinuncia.
paola segurini
Il macellaio erbivoro
Il titolo del pezzo è esso stesso una provocazione. Ma non un’invenzione.
Si tratta solo della traduzione letterale del nome The Herbivorous Butcher, che contraddistingue la prima “macelleria vegana" che aprirà negli Stati Uniti, il 23 gennaio prossimo.
L'idea è partita da Aubry e Kale Walch, fratello e sorella, che per anni hanno provato e riprovato a rendere sempre più appetibili le alternative della carne in cucina e con grandissimi sforzi e tante determinazione sono diventati i proprietari di The Herbivorous Butcher.
I due ragazzi americani non sono soli al mondo, lo sappiamo benissimo.
Non possiamo non nominare il diffusissimo (basta guardare la mappa dei negozi) e pluripremiato The Vegetarian Butcher, olandese, che ha tra i suoi prodotti molte imitazioni vegane della carne e molti piatti. Da un negozio nel 2010, il macellaio vegetariano oggi ha 2600 punti vendita in 13 paesi.
Né ci permettiamo di trascurare BeyondMeat, azienda di San Francisco che produce alimenti interamente vegetali che riproducono sapore e consistenza quelli animali.
Che dire? Il mondo dei vegani si divide tra l’apprezzamento per questi alimenti imitativi della versione animale del piatto (o del pezzo di carne) e il più profondo disprezzo per questo voler riprodurre qualcosa che di per se evoca morte e sfruttamento.
La risposta, a mio parere, sta nel mezzo. Ognuno è libero di avvicinarsi e adottare (si spera) uno stile di vita cruelty free come meglio crede.
L’importante è il risultato, vale a dire il numero di animali salvati dal loro destino, oggi incredibilmente crudele.
paola segurini
2016: un altro anno dei Vegani
2015: usciti dal nostro angolo, finalmente tra la ‘pazza folla’.
Ecco, questa frase riassume un anno che ha visto il moltiplicarsi della conoscenza del significato del termine vegan, la diffusione sempre crescente dei cibi pronti e senza ingredienti animali (nella grande distribuzione e nella piccola), il proliferare di ricettari, tutti ricchi e bellissimi, l’aumento delle opzioni vegan nella ristorazione, il diffondersi della possibilità di fare colazione al bar o in pasticceria, grazie all’ormai spesso presente latte vegetale e ai cornetti cruelty free.
E poi i festival, le kermesse estive e tutte le manifestazioni in cui si è parlato, mangiato, informato.
E’ stato l’inizio della rottura dei pregiudizi?
E’ il momento dell’apertura mentale e della consapevolezza?
Speriamo vivamente di sì.
Noi abbiamo operato con convinzione e intensità perché lo sia.
In particolare, ci siamo impegnati con i nostri eventi a Milano, poco prima della conclusione di EXPO2015, in prossimità del World Vegan Day, per sensibilizzare su alcuni aspetti delle motivazioni della scelta vegan.
Il potente monologo ‘La Carne è Debole’ (29 e 30 ottobre) del bravissimo Giuseppe Lanino, è stato la testa di ponte che portato in scena la durezza e l’impatto poliedrico degli allevamenti sugli animali, sull’ambiente e sulla nostra salute.
La prima Biblioteca Vivente sul tema Vegan* (31 ottobre) ha rappresentato un passo innovativo e coinvolgente verso la rottura dei pregiudizi su chi ha deciso di essere empatico con tutti gli esseri senzienti. Attraverso l’interazione con i Libri Umani (che ringraziamo ancora per la disponibilità a mettersi in gioco), le persone hanno potuto conoscere le storie, le ragioni, i principi, ma soprattutto l’entusiasmo e la carica positiva di diversi tipi di Vegani. Ognuno con il suo individualissimo percorso, che l’ha condotto a trovarsi lì, quel giorno di ottobre al mercato di Porta Genova, a spiegare, testimoniare e interagire.
E a tentare di scalfire – tramite la conoscenza diretta - i pregiudizi cognitivi, vale a dire le deviazioni del processo del pensiero che portano a distorsioni, a un giudizio inesatto o a un comportamento illogico. Come quello degli animalisti o degli ambientalisti che mangiano carne e derivati animali, pur professando un generico ‘amore’ per gli animali e/o per l’ambiente.
Il nostro lavoro è tutto volto a favorire - in chi ha una tendenza all’empatia con gli altri esseri - quello che Melanie Joy, psicologa e ideatrice del termine ‘carnismo’, nel suo ultimo video, definisce come fondamentale e importante cambio di paradigma: vedere la carne non come un alimento ma come un brandello di animale morto, ucciso per noi.
Per poter acquisire questo nuovo sguardo, spiega Joy, dobbiamo uscire dalla nebbia condizionante in cui la società ci ha immerso. Quella nebbia che – in modo schizofrenico - giustifica il cibarsi di vitello, ma non di cane o maiale o cavallo o coniglio, a seconda della cultura, quella che giustifica il mangiar animali come normale, naturale, necessario.
E, addensata dalla forza dell’istituzionalizzazione di questa pratica e dalla tradizione, la nebbia offusca la strada alla consapevolezza e mantiene forti le dissonanze cognitive.
Noi sappiamo che la carne è un animale morto, che carne significa vita in prigione e sofferenza, che la carne non può essere procurata senza ricorrere alla violenza, che ogni minuto nel mondo vengono uccisi 124.000 animali, dice la studiosa americana. Ma la maggior parte della gente non vuole saperlo, perché appunto, è condizionata dall’ideologia dominante, da comportamenti che le sono familiari, comodi.
La consapevolezza, insiste Joy, è la luce che splende nella foschia e libera il naturale splendore della nostra empatia.
La consapevolezza è la maggiore minaccia al carnismo, perché ci permette di effettuare scelte che riflettono i nostri veri sentimenti, invece che ciò che ci hanno propinato, condizionandoci: la storia insegna che la consapevolezza (frutto di informazione e libere scelte) apre la porta alle trasformazioni sociali.
E, per tornare al titolo di questo pezzo, il movimento vegan è uno dei movimenti di giustizia sociale che sta crescendo più in fretta, oggi.
Che bella cosa. Che grande emozione! Continuiamo così! Noi in LAV ce la mettiamo tutta.
Il 2016 sarà un altro anno bellissimo, è anche l'Anno dei Legumi (FAO).
Auguri e Ad Maiora!
paola segurini
*nella foto, il logo della Biblioteca Vivente Vegan, elaborato da ABCittà
L’industria della carne teme l'accordo di Parigi
L’accordo globale sul clima, frutto delle lunghe giornate di discussione e confronto della COP 21, è stato redatto il 12 dicembre scorso, qui il testo definitivo.
Primo passo di una finalmente diffusa consapevolezza della gravità e dell’ineluttabilità – a scanso di provvedimenti urgenti – dei cambiamenti climatici, vede e l’impegno a contenere l’aumento delle temperature ben al di sotto dei + 2°C e più vicini a +1,5°C rispetto ai livelli per-industriali. Il documento rappresenta il punto di partenza dal quale gli Stati dovranno fabbricare strategie volte a evitare conseguenze inconvertibili.
E fin qui ci siamo.
La mancanza di sanzioni per gli Stati non virtuosi, il fatto che l’accordo sia un insieme di raccomandazioni agli Stati (alla cui discrezione ci si affida) e la non evidenziazione – ma già si sapeva, considerate la forza e diffusione delle lobby legate alla produzione e al consumo di alimenti di origine animale – nel conto totale delle emissioni di Gas Serra dell’elevatissimo contributo degli allevamenti e del loro indotto ci lasciano piuttosto inquieti e delusi.
Ma non siamo gli unici. Pur nella sua mitezza, il patto ha creato preoccupazione nel comparto globale della zootecnia. Ne dà notizia il sito Global Meat News, pubblicando un impensierito articolo che analizza le possibili conseguenza sul settore dell’intesa parigina.
In particolare, il più alto rappresentante dell’International Meat Secretariat afferma che i rappresentanti nazionali dell’industria zootecnica devono stringere legami stretti, tramite lobbying, con i loro governi, per assicurarsi che il comparto non si trovi ad affrontare obiettivi non realistici.
L’agricoltura, nella sua accezione di sistema produttivo alimentare, è stato l’unico settore ad essere menzionato in modo specifico nell’accordo finale di Parigi. Nell’Articolo 2 del testo concordato, gli Stati hanno sottolineato l’importanza, come strategia di combattimento contro i cambiamenti climatici, dell’impegno “sull’aumento della capacità di adattarsi agli impatti avversi del cambiamento climatico e sulla promozione di una resilienza climatica (°) e sullo sviluppo di basse emissioni di Gas Serra, in un modo che non minacci la produzione di cibo”. [Art.2,(b)]
Quest’ultima parte è il concetto che, riporta il Global Meat News, secondo il Dr. Jonathan Scurlock - principale consulente su energia e rinnovabili del National Farmers Union britannico - i produttori di carne debbono sottolineare ai loro governi, se questi cercano di introdurre misure che rendano la loro industria non redditizia.
Alexandre Meybeck, consulente principale della FAO in tema di agricoltura, ambiente e cambiamenti climatici, sottolinea invece che il settore zootecnico potrà trovarsi a cercare approcci innovativi: “parte dell’Accordo di Parigi comprende un riconoscimento della necessità di adottare stili di vita più sostenibili e di una produzione più sostenibile. Ci saranno probabilmente dei cambiamenti progressivi nei modelli di consumo e ciò può condurre all’apprezzamento dei prodotti dal valore aggiunto”.
Quali saranno i ‘prodotti’ a valore aggiunto? Nell’articolo si parla anche di bovini geneticamente modificati per emettere minori quantità di metano…
Non vogliamo, per ora, saperlo. Ci basta sapere che l’industria zootecnica è preoccupata a livello internazionale, anche da questo accordo pur non così stringente sul suo campo d’azione.
Paola Segurini
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(°) La resilienza climatica è la ricerca di riduzione del rischio e dei danni derivanti dagli impatti negativi (presenti e futuri) dei cambiamenti climatici in una maniera che sia efficace dal punto di vista socio-economico, e richiede l’elaborazione di strategie nazionali e regionali di adattamento ai cambiamenti climatici, che portino allo sviluppo di piani d’azione efficaci.
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