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Un maialino, cosa vuole che sia..
[di Gianluca Felicetti, Presidente LAV]
Cosa vuole che sia, Luciana Litizzetto, l’aver portato per qualche minuto su un carretto con tanto di erba finta, sotto i riflettori e per di più fra gli applausi, un maialino in trasmissione.
Cosa che vuole che sia, rispetto ai 13 milioni di suini uccisi ogni anno solo in Italia, 35.616 al giorno compresa anche la domenica di “Che tempo che fa”, 75 macellati nei tre minuti tre di esposizione dell’animale alla risatina italiota che lei e i suoi autori hanno offerto l’altra sera.
Cosa vuole che sia, tanto più che lei lo ha fatto uscire dandolo alla signora svedese “che ha la faccia da vegetariana”.
Cosa vuole che sia, la RAI avrà pagato l’affitto dell’animale a qualche fornitore con i miei soldi di abbonato per legge, avrà pagato anche la presenza di un veterinario fra le quinte che sicuramente avrà certificato l’assenza di maltrattamento “così gli animalisti non potranno rompere”. Poi l’avranno riportato al suo destino di diventare, più ancora di domenica, un prodotto. Da consumare.
Cosa vuole che sia, Luciana Litizzetto, per lei che amplifica tante battaglie umane, aver voluto deridere un essere vivente, perché ha la colpa di incarnare la colpa di un sistema elettorale bocciato dalla Corte Costituzionale, nominato così, peraltro, da un deputato noto per il suo zoo privato e per l’esaltazione della caccia.
I dati Auditel avranno mostrato a lei e a Fabio Fazio (che con il successo ha dimenticato il suo cane per il quale ha scritto delle belle pagine) se in termini quantitativi d’ascolto, la presenza del maialino ha fatto il “picco” come si dice in gergo. Chissà che soddisfazione. Noi invece vorremmo capire se l’immobilismo del maialino era dato dalla reazione di stress e paura o a causa di qualche sostanza. A cosa fosse dovuto quel comportamento innaturale così palese a tutti, non accettabile tanto quanto la scelta di fare audience con un animale vivo in studio.
Il maialino scuro, lei ha detto in trasmissione, era “incazzato nero”. Non solo lui.
Su Internazionale: la compassione dei veg
L'inchiesta sul numero 1026 di Internazionale (qui in formato PDF), firmata dall'indiano Kapil Komireddi, è una lettura interessante e ricca, che ci presenta una panoramica storico-etica dei presupposti del non mangiare animali.
Il giornalista si sofferma anche su alcuni aspetti fondamentali della 'schizofrenia' dell'uomo contemporaneo e spiega: 'oggi nessuno ha bisogno di mangiare la carne, indossare una pelliccia o usare prodotti di origine animale per sopravvivere. Trattiamo in questo modo gli animali perché possiamo permettercelo'. I progressi tecnologici della nostra epoca “hanno confermato il dominio umano sul mondo naturale come non era mai accaduto finora. Gli esseri umani hanno sempre mostrato un’immensa capacità di distruzione, ma anche di moderazione e automiglioramento”.
Pertanto, conclude Komireddi, dovremmo sforzarci di temperare il nostro dominio, nella speranza che, diventando sensibile alle sofferenze degli esseri su cui ha potere di vita e di morte, l’umanità possa sfuggire alla sua primordiale propensione alla violenza.
Di grande valore, per capire come ragiona la maggior parte della società, l'articolata riflessione sulle celebrazioni (2004) del centenario della nascita del Nobel per la letteratura Isaac Bashevis Singer e sulle sue inconfutabili interpretazioni su natura umana, Olocausto e animali.
Buona lettura!
p.s.
Il vero Ringraziamento: Tacchini in Fuga e tavola vegan
La festa del Ringraziamento - che cade il quarto giovedi di novembre - ed è una tradizione immancabile di riunione familiare per gli americani, vede un gigantesco tacchino su ogni tavola. A fronte di un volatile graziato dal Presidente USA ogni anno (#PresidentialTurkey13), nel 2011 ne sono stati macellati 248.500 milioni al
mondo, di cui più di 219 milioni per gli Stati Uniti, 46 milioni per il Ringraziamento, 22 milioni a Natale e 19 milioni a Pasqua.
Insomma, un numero stratosferico: quasi l’88 per cento degli americani non rinuncia al piatto 'forte' della festività autunnale.
Ma c’è chi si ribella. Al cinema e nella vita.
Esce infatti, anche nelle sale italiane, proprio il 28 novembre, un film d’animazione in 3D il cui titolo ‘Tacchini in fuga’ è tutto un programma. La premessa base della pellicola è la lotta di due pennuti, diversi e complementari tra loro, che portano avanti insieme la missione di "Non salvare 10 o cento tac
chini, ma tutti!”. La vita di Reggie cambia il giorno in cui incontra Jake, fondatore del "Fronte per la liberazione dei tacchini", che chiede il suo aiuto per utilizzare un'invenzione modernissima del governo americano e andare indietro nel tempo, al 1621, e riscrivere per sempre la tradizione del giorno del Ringraziamento, eliminando i tacchini dal menù della festa e sostituiendoli con una pizza.
‘Free Birds” (questo il titolo originale) appartiene al genere di storie in cui gli animali, umanizzati, acquistano una voce più comprensibile ai piccoli (e forse anche agli adulti) e costituiscono un passo importante verso una generazione di ‘mangiatori’ più consapevoli su chi ci sia realmente dietro e dentro al pezzo di carne che la mamma mette sul piatto.
La ribellione vera, quella effettiva, la mettono in atto – a oggi – tutti coloro che (e aumentano ogni anno) sfidando le reazioni della famiglia, le battute ironiche e gli sfottò, si organizzano per un Ringraziamento Vegan, ricorrendo al Tofurky, se proprio non riescono a rinunciare all’apparenza e consistenza tacchinesca, oppure a pietanze alternative, che possono anche fare degli entusiasti proseliti e sono il vero Ringraziamento per il raccolto della stagione appena finita.
p.s
Cambiare menu: un gioco da ragazzi
Tania Lombrozo insegna psicologia all’Università della California ed è vegan, la sua voce è adatta, quindi, a descrivere l’atteggiamento mentale che rende facilissimo – a chi lo ha scelto per ragioni etiche- il non mangiare cibi animali e, aspetto altrettanto importante, il non desiderare più di farlo. E, al contrario, ‘sognare’ e pregustare gli alimenti di origine vegetale preferiti.
Lombrozo illustra la sua personale progressione da onnivora a ‘erbivora’, facendo ricorso anche alla psicologia del cibo.
‘Diamo per scontata, la distinzione tra ‘alimento’ e ‘non alimento, cioè tra commestibile e non commestibile’, spiega la studiosa: un adulto del nostro tempo può automaticamente distinguere i cereali da colazione, e metterli tra gli edibili, dalle riviste, che non lo sono.
Non era così facile per i nostri antenati, il cibo allora non aveva etichette.
La nostra specie è una specie ‘generalista’, e si adatta a consumare un’ampia varietà di alimenti: scegliere come nutrirsi è una decisione indotta principalmente dall’esperienza. Gli esseri umani - a differenza dei koala, per esempio, che vengono al mondo con una passione perpetua per l’eucalipto - nascono con preferenze alimentari non formate. E la nostra dieta è frutto dell’esperienza accumulata da coloro che ci circondano: il bambino, come l’animale, viene guidato dagli adulti, in una sorta di ‘tramandamento sociale’ di ciò che deve essere considerato cibo.
Nei confronti della carne – chiarisce Lombrozo – gli umani sono conservatori. La regola è non mangiare quello che non vedi gli altri mangiare. Il risultato è che gli americani non considerano i cani e i gatti come commestibili, mentre altri animali – non meno senzienti – come i maiali e le mucche popolano tante case, ma serviti a tavola. Molti statunitensi arricciano il naso al pensiero di mangiare delle orecchie ma queste, insieme al cervello e alla lingua, sono nel ripieno dei tacos che si trovano dai venditori ambulanti in Messico. In sostanza, se un animale o un derivato animale è considerato ‘tradizionalmente’ non commestibile, il pensiero di mangiarlo ci disgusta: un potenziale cibo diventa cosi un non-cibo. Trovare un sasso nell’insalata non ci fa schifo, lo scansiamo e fine. Trovarvi uno scarafaggio ripugna un onnivoro, anche se è potenzialmente un alimento, perché la nostra tradizione lo considera un non-cibo.
L’esperienza di Lombrozo - che condivido in pieno, in quanto anche a me è accaduta la stessa cosa - è che, al diventare vegetariana, alcuni degli elementi prima considerati cibo, sono diventati per lei non-cibo. L’idea di mangiare carne è diventata disgustosa, e la reazione ad un pezzo di pollo accidentalmente caduto nell’insalata non era diversa da quella di un onnivoro che vi trova uno scarafaggio. La reazione è comune. Ed è, anche in base ad uno studio dell’Università della Pennsylvania, proprio la scelta etica a governare un senso ‘indotto’ di disgusto per la carne. Quando la studiosa è diventata vegan, qualche le categorie di cibo e non-cibo si sono modificate di nuovo. Con la scoperta della ampia e diversa classe di alimenti ‘commestibili’ perché non animali, altri – come il latte e le uova -sono andati a finire nella lista nera, con il pollo e gli scarafaggi. Senza nessun rimpianto, né desiderio da combattere, sono semplicemente diventati non-cibo e sono spariti dalla lista della spesa come dai sogni gastronomici. Il nostro cervello ci aiuta, con i suoi automatismi.
Nessuna scusa, cambiare menu è un gioco da ragazzi, se ci crediamo davvero.
paola segurini
Internazionale su il vero prezzo della carne
Raramente esce su un settimanale, o su un altro mezzo comunicativo, un'inchiesta così completa sul 'prezzo della carne'. La rivista Internazionale ha pubblicato, sul suo numenro 1025, in edicola la settimana tra l'8 e il 14 novembre, un panorama esaustivo e, ai nostri occhi, raggelante del settore produttivo della carne di maiale in Germania.
L'analisi non trascura nessun aspetto,- dall'etico al sociale, dall'ambiente alla salute - dello spaventoso meccanismo fordiano che porta all'allevamento di 28 milioni di suini l'anno (in Italia nel 2012 erano 8,5 milioni), con un incremento del numero di aziende 'allevatrici' passato da 264.000 nel 1993 a 28.000 nel 2013. Alla diminuzione degli allevamenti corrisponde un aumento da horror del numero di individui imprigionati: nel 1993 erano 101 per struttura, oggi sono 985 per ogni ciclo di vita. E le loro condizioni di vita sempre peggiori e improntate alla redditività. Un maialino deve crescere, per esempio, di 850 grammi al giorno, e quadruplicare il proprio peso in 4 mesi.
Liquami, nitriti, antibiotici, condizioni di lavoro improponibili se non per persone disperate.
Dati, descrizioni e opinioni di esperti: l'articolo è una fonte d'informazione preziosa su ciò che gira, e come gira, intorno all'animale del quale non si butta, ahimé, via niente, e sul dominio del denaro e della mancanza di scrupoli rispetto alla salute dei cittadini, oltre che degli altri esseri senzienti.
E in Italia? Anche da noi non va bene, non abbiamo neanche completato il recepimento della normativa europea in merito di benessere 'minimissimo' dei suini.
P.S.
Nuovo allarme riscaldamento globale
Già lo sapevamo, che bisogna Cambiare Menu. Ma ora dobbiamo diffondere ancora di più il nostro allarme per il Pianeta.
L’aumento della temperatura è provocato dai cosiddetti “gas serra” (di seguito GHG, dall’inglese Green House Gases), gas cioè, che per le loro caratteristiche chimico – fisiche sono in grado di intrappolare calore dell’atmosfera.
I principali gas serra nell’atmosfera terrestre sono: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (NO2) e clorofluorocarburi (CFC). Anidride carbonica, metano e ossido di azoto sono prodotti naturalmente dai processi biologici, ma l’industrializzazione ci ha messo, negli ultimi decenni, la sua parte.
L’intensificazione sempre più spinta di agricoltura e zootecnia produconi livelli di GHG tali che gli ecosistemi non sono in grado di tamponare e così, liberati in grandi quantità nell’atmosfera, i gas hanno avuto e hanno tuttora come effetto un surriscaldamento del clima globale. I dati che emergono dagli studi effettuati sull’argomento dicono chiaramente che un modo rapido ed efficace di fermare l’aumento della temperatura globale è ridurre i numeri degli allevamenti intensivi.
Gli scenari emersi dalle bozze - trapelate in rete - del prossimo rapporto dell'Intergovernmental Panel on Climate Change che sarà presentato a marzo rafforzano la necessità di pensare alla diminuzione drastica del consumo di carne.
Le conseguenze drammatiche che il riscaldamento globale avrà, sono descritte qui.
Una mensa all'avanguardia, passo avanti in USA
Il Physicians Committee for Responsible Medicine, a cui fa capo anche Neal Barnard, di cui abbiamo di recente presentato ‘Super Cibi per la mente’, ha riconosciuto la Public School 244, a New York, come prima scuola pubblica degli Usa a servire solo pasti vegetariani.
L’esperimento, iniziato a gennaio, ha dato ottimi risultati, in un Paese dove il consumo di carne comincia a colazione.
Ci auguriamo sia un passo avanti, verso pasti totalmente vegetali!
‘I nostri allievi, stanno più attenti e ottengono risultati migliori da quando la mensa è diventata vegetariana: chi vuole pasti ‘tradizionali’ se li deve portare da casa, ma il 90% dei ragazzi sceglie i pasti proposti dalla scuola’ dichiarano i responsabili dell’istituto.
I ragazzini frequentano anche lezioni di nutrizione, durante i quali imparano le motivazioni delle scelte alimentari più sane.
Per saperne di più, leggi l'articolo (in inglese).
paola segurini
Castagne da mangiare senza paura di ingrassare
[Dott. Michela Kuan] Delle castagne si dicono di solito due cose: che ingrassano e che fanno venire l'aria nella pancia. Quest'ultima è, tra le due, sicuramente la più vera.
Infatti l'indice glicemico del frutto è di più del 50% più basso di quello della farina classica bianca quindi farà molto meglio, a parità di quantità, mangiare un cestino di caldarroste piuttosto che un pacchetto di grissini, sia in termini di diabete che di ingrassamento e controllo della fame. La castagna infatti, è ricca di fibra (totalmente assente nella farina bianca), di vitamine (tra le quali la C e quelle del gruppo B) e sali minerali (tra cui potassio, magnesio e fosforo).
La farina di castagne, inoltre, è un’ottima base per preparare torte e merende riducendo anche la quota di zucchero normalmente aggiunta.
Clicca qui per la ricetta del Castagnaccio.
16 ottobre: Giornata Mondiale dell'Alimentazione e MercoledìVeg a sorpresa
Da domani sarà più facile invitare a cena (o a pranzo) i tuoi amici scettici. E dare una mano al Pianeta e agli animali.
Senza tradire il palato. Con il nostro Kit 'Indovina cosa c'è a cena' e tutte le informazioni radunate sulla nuova pagina nessuno resisterà.
Dimostrerai quanto è Buona la cucina vegan.
Mandaci le tue foto conviviali a mercolediveg@lav.it, le pubblicheremo sulla nostra pagina Facebook, in un album speciale. Grazie!
Un MercoledìVeg da Record
Per la giornata internazionale della nonviolenza in onore del Mahatma Gandhi e la settimana vegetariana internazionale (1-7 ottobre) abbiamo infatti deciso, con gli amici di Universo Vegano, di realizzare un'impresa buonissima: un panino vegan dalle gigantesche dimensioni di 4 metri e mezzo di lunghezza e 50 centimetri di larghezza, il più grande mai realizzato al mondo!
Il panino "extra-size", preparato stamattina a Roma, è a base di panella di ceci, seitan "tonnato", straccetti di soia, lupino, tutte un'ottima fonte di proteine vegetali.
I ceci, ad esempio, sono legumi molto versatili, ingrediente-base per le panelle: una sorta di frittata senza uova, nutriente e deliziosa (100 gr di ceci apportano circa 316 kcal, 20.9 g di proteine, 6.3 g di grassi).
Quasi 6 italiani su 10 mangiano panini fuori casa almeno una volta a settimana: un pasto veloce e popolare, che può venire incontro alle esigenze nutrizionali di ogni fascia di età, quindi perché non scegliere ingredienti vegan che offrono gusto e nutrimento, con l'indubbio vantaggio di non arrecare sofferenze agli animali, né all'ambiente o alla nostra salute?
Il ciclo di produzione della carne, infatti, coinvolge diverse attività responsabili dell’emissione di gas serra e ha un drammatico impatto sul clima: si distingue come la terza fonte di emissioni dopo le istallazioni industriali/energetiche e i trasporti.
Ad esempio, produrre 1 etto di salumi ha un'impronta ambientale di 10,7 kg di Co2, equivalente a più di 90 km percorsi con una utilitaria. La produzione di 1 uovo di gallina ha invece un'impronta ambientale di 1,9 kg di Co2, all'incirca come un'utilitaria che percorre meno di 20 km.
Ogni hamburger comporta la distruzione di 5 mq di foreste.
Per avviare il cambiamento occorre l'impegno di tutti: delle istituzioni affinché garantiscano la scelta veg in tutti i luoghi di ristoro, di ciascuno di noi perché il pasto quotidiano non sia causa di sofferenze per il Pianeta.
Un esempio? Se le aziende che si occupano di ristorazione scolastica contemplassero un giorno veg a settimana, questo corrisponderebbe a 3.320 tonnellate di CO2 risparmiata al giorno, 126.160 ogni anno, cioè 22 milioni di chilometri percorsi con i mezzi pubblici anziché l’automobile!
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Paola Segurini, responsabile LAV settore Veg
LAV Sede Nazionale - Viale Regina Margherita 177 - 00198 Roma
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