Un coraggioso sapore di futuro. 
Per chi lotta, come me e tanti altri, da anni per cambiare le abitudini alimentari e orientarle verso scelte 100% vegetali, la carne in vitro è una delle svolte possibili, la più rivoluzionaria in assoluto.
 
Nel nome, essa racchiude un apparente controsenso: se è carne, come fa a essere coltivata? Eppure, è proprio ciò che accade, una cellula vivente viene nutrita in laboratorio e fatta crescere, moltiplicare e proliferare, come un vegetale, e porta con sé una rivoluzione, del cibo.
 
Niente di meno. Perché sarà carne coltivata, non macellata. Nessuna dissonanza cognitiva impedirà più alle persone di vedere i massacri, le torture e le manipolazioni genetiche di miliardi di animali ‘da reddito’, nessuna scusa sarà più valida, perché ci sarà la versione a bassissimo - auspicabilmente zero - livello di sfruttamento - della bistecca.
 
E un giorno non lontanissimo sarà l’unica. E chi non riesce a distaccarsi dalla carne - per la sua texture, per il suo colore, per il suo gusto ferroso, per il suo simbolismo macho e patriarcale (Carol J. Adams docet) potrà avvalersi della versione coltivata.
 
Non è il vaneggiamento di chi, empatico con gli altri esseri senzienti, non riesce a salvarne abbastanza. È la proiezione di un settore produttivo in fermento, che prevede per il 2030 sarà disponibile su larga scala, con prezzi accessibili e costituirà il 10% di tutta la carne. Sarà solo l’inizio, dell’epoca dell’agricoltura cellulare, che alleverà cellule e non animali. E ciò significherà anche riduzione del prelievo di risorse naturali, dell’inquinamento, delle emissioni, dell’impatto ambientale, dell’occupazione di suolo, anche per monocolture proteiche ad uso mangimi. 
 
Se non è rivoluzione questa!
 
Nel frattempo, continuiamo forti e decisi sulla strada del plant-based, già aperta, facile, accogliente e luminosa più che mai.
 
Paola Segurini
 
Photo Credits: Mosa Meat